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Lunedì, 07 Febbraio 2022 09:32

EMERGENZA PFAS La relazione dell'inviato Onu Marcos A. Orellana sulla recente visita condotta in Italia e nel Veneto

Oltre 300.000 persone coinvolte dall’inquinamento dell’acqua nella nostra regione, con conseguenze gravi e durature.

Oltre agli interventi già avviati è necessario definire criteri precisi e restrittivi sugli inquinanti organici persistenti, a livello nazionale

Il 13 dicembre 2021 Marcos A. Orellana, Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulle implicazioni per i diritti umani nella gestione e nello smaltimento ecocompatibile di sostanze e rifiuti pericolosi, a conclusione della visita condotta in Italia dal 30 novembre al 13 dicembre, ha stilato la sua relazione di fine visita. Il documento dà ampio Spazio e attenzione al problema dell'inquinamento dell'acqua e dei terreni da PFAS.

Da gennaio 2020 è in corso presso il tribunale di Vicenza il processo per il più grave inquinamento da Pfas in Europa. I numeri del processo sono molto significativi: sono imputati 15 ex vertici della Mitemi, fabbrica di Trissino fallita nel 2018, accusata di avere inquinato per vari anni con sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) l’acqua che arriva nelle abitazioni di 300mila famiglie venete; oltre 300 le parti civili, tra cui le Mamme no Pfas, il movimento che per primo e più di ogni altro si è esposto e si sta impegnando, la Regione, Comuni, Ministeri, Istituzioni, privati cittadini, ex lavoratori e numerose associazioni ambientaliste; circa 150 sono i testimoni chiamati al processo.

 Il documento riporta alcune note positive in merito alle collaborazioni e disponibilità incontrate durante la visita.  “Vorrei esprimere la mia sincera gratitudine al governo italiano per l’invito e per l’eccellente cooperazione e gli sforzi profusi nel garantire che questa visita potesse apportare tutte le informazioni possibili. Sono molto grato per le discussioni franche e costruttive avute con i funzionari del governo nazionale e delle amministrazioni regionali… Ho apprezzato l’opportunità di visitare Porto Marghera a Venezia, la zona rossa contaminata da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) in Veneto, il quartiere Tamburi vicino all’impianto ILVA a Taranto, l’area conosciuta come Terra dei Fuochi in Campania e l’impianto di termovalorizzazione di San Vittore nel Lazio… Sono anche molto grato per  gli scambi avuti con i rappresentanti della vibrante ed attiva società civile italiana.”

E qui finiscono le buone notizie, si perché, almeno per quanto riguarda in particolare il territorio della provincia vicentina, i risultati non sono positivi, non solo quelli relativi alla qualità della vita, ma soprattutto per la governance ambientale; e se non ci siamo riusciti noi, abituati da decenni a tenere alta l’attenzione su certi temi, forse è giunto il momento di cambiare non solo il modello di governo del suolo, ma anche gli strumenti di controllo.

Continua Orelliana: “…L’Italia ha dimostrato una forte leadership in materia ambientale, come quando nel 1992 è diventata pioniere nella proibizione dell’amianto. In questo contesto invito l’Italia a ratificare la Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti e ad intraprendere un’azione decisiva per risolvere il problema legato alla contaminazione da PFAS…” Ad oggi, dunque, Italia con Haiti, Israele, Malesia e Stati Uniti non l’hanno ancora ratificata. Per completezza di informazione, la “Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti”, stabilita in occasione di un convegno tenutosi a Stoccolma dal 22 al 23 maggio 2001, è stata firmata dall’Italia (anche da USA e Israele), perché si poneva come obiettivo l’eliminazione e la diminuzione di alcune sostanze nocive per la salute umana e per l’ambiente, definite come inquinanti organici persistenti. Ma non è stata ratificata forse perché fin da subito è partita la corsa agli emendamenti… ogni paese può chiedere di escludere o includere una sostanza.

 Venendo al dettaglio dei PFAS, il relatore così continua: “Sono seriamente preoccupato dall’entità dell’inquinamento da PFAS (anche noti come prodotti chimici eterni perché persistono e non si degradano completamente nell’ambiente) in alcune aree della regione Veneto. Più di 300.000 persone nella regione sono state colpite dalla contaminazione dell’acqua da PFAS, compresa l’acqua potabile. I residenti della zona hanno sofferto gravi problemi di salute, come infertilità, aborti e diverse forme di tumori, tra gli altri. La dimensione umana del problema ci è stata presentata da una delle madri che abbiamo incontrato durante la visita: “Potete immaginare cosa significa per una madre rendersi conto di aver avvelenato i propri figli attraverso il latte materno?”.

Per diversi decenni, l’azienda chimica Miteni ha prodotto PFAS a Trissino (Vicenza) e ha rilasciato i suoi rifiuti senza controllo, inquinando le acque superficiali e sotterranee e la catena alimentare, colpendo zone di Verona, Vicenza e Padova. Mentre i responsabili dell’azienda sembravano essere consapevoli dello scarico di rifiuti e dell’inquinamento conseguente; tuttavia, non hanno offerto adeguate misure di protezione ai lavoratori, né hanno divulgato informazioni sulla gravità dell’inquinamento da PFAS”.

“Nel 2013, il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) ha informato le autorità regionali della presenza degli inquinanti PFAS. Le autorità regionali del Veneto hanno intrapreso una serie di azioni, come l’installazione di filtri a carbone per purificare l’acqua potabile nelle aree più inquinate e la segnalazione del caso alla procura. Nel tempo, altre misure hanno incluso la revisione delle autorizzazioni delle aziende che usano PFAS per stabilire i limiti di scarico dei PFAS, oltre che investire in un sistema di opere pubbliche per portare acqua non inquinata nella zona”.

“Tuttavia, le autorità non hanno informato i residenti delle aree colpite né hanno dato informazioni sull’inquinamento da PFAS e sui rischi sulla salute della popolazione. Alcuni residenti sono venuti a conoscenza del problema della contaminazione tossica nel 2016-2017, quando la regione ha avviato un piano di sorveglianza sanitaria per la popolazione esposta ai PFAS nella critica zona rossa”.

“Le autorità regionali stanno anche monitorando la situazione sanitaria di alcuni abitanti e di alcuni prodotti alimentari in relazione all’inquinamento da PFAS. Tuttavia, questo monitoraggio è limitato alla zona più inquinata, il che solleva serie preoccupazioni per coloro che vivono nelle altre zone colpite circa il livello di inquinamento da PFAS nei loro organismi e la sicurezza dei prodotti alimentari che consumano”.

“Prendo atto che il Tribunale di Vicenza ha avviato un procedimento penale per reati ambientali a carico di 15 imputati coinvolti nelle operazioni della Miteni, e intendo seguirlo da vicino. Prendo anche atto che diverse parti civili si sono costituite nel procedimento. Nell’ipotesi in cui il tribunale dovesse dichiarare la responsabilità civile degli imputati, confido che l’Italia possa cooperare con quelle giurisdizioni in cui gli imputati hanno dei beni, al fine di rimediare alla decisione del Tribunale, assicurare il risarcimento alle vittime e soddisfare il principio “chi inquina paga”. Sottolineo che l’inquinamento da PFAS non si limita all’attività dell’impianto Miteni. Esso risulta altresì dall’attività di piccole e medie imprese all’interno e all’esterno della regione che utilizzano i PFAS nei loro processi produttivi e scaricano acque contaminate, tra cui per esempio l’industria tessile e del cuoio”.

“Inoltre, vorrei evidenziare che l’inquinamento legato ai PFAS non si limita al Veneto. Tra le altre aree interessate, la contaminazione da PFAS è preoccupante lungo il principale bacino italiano, la valle del Po. Sono particolarmente preoccupato per la produzione di PFAS da parte della società Solvay, attualmente in corso a Spinetta Marengo, in provincia di Alessandria, in Piemonte. Questa operazione potrebbe creare un disastro ambientale simile a quello sofferto dalle comunità colpite in Veneto. Prendo atto della mancanza di regolamentazione dei PFAS a livello nazionale. Invito l’Italia ad adottare le misure necessarie per la restrizione dell’uso di queste sostanze a livello nazionale, e ad esercitare la sua leadership a livello regionale, mentre l’Unione Europea si prepara ad affrontare le gravi minacce per la salute e l’ambiente poste dai PFAS.”

 

 

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