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Lunedì, 18 Ottobre 2021 09:07

COP26, Mobilitazione ambientalista e ruolo della Politica

LA QUESTIONE AMBIENTALE NON E’ UNA “MODA” GIOVANILE, PER UN FUTURO NON MEGLIO DEFINITO.

E’UNA EMERGENZA DA AFFRONTARE SUBITO, CON L’IMPEGNO DI TUTTI

I cambiamenti climatici che causano disastri interesseranno sempre più larghe fasce della popolazione mondiale, mettendo a rischio gli equilibri politici a livello planetario

Da quasi trent’anni l’ONU riunisce periodicamente i Paesi della terra  che hanno ratificato la Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici  per un vertice  sul clima – chiamato COP – ovvero ” Conferenza delle Parti”. Da allora il cambiamento climatico è passato dall’essere una questione marginale a diventare una priorità globale. Quest’anno si terrà il 26eismo vertice annuale, da cui il nome COP26. La COP26 sarà presieduta dal Regno Unito che la ospiterà a Glasgow.

Nei giorni scorsi si è svolta a Milano la “settimana italiana dedicata alla lotta ai cambiamenti climatici” che ha visto in successione due incontri di alto profilo internazionale.  Dal 28 al 30 settembre si è svolto l'evento Youth4Climate con la partecipazione di quattrocento giovani dai 197 Paesi membri dell’UNFCCC (la Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) Con loro c'era anche Greta Thunberg. Dal 28 settembre al 2 ottobre si è svolta la Pre-COP26, l’Incontro delle Nazioni Unite preparatorio della Conferenza  sul clima la COP26, che rappresenta per molti studiosi e ricercatori l'ultimo appello per operare scelte  urgenti  e concrete per salvare il nostro pianeta dai disastri ambientali.

Ancora una volta le poche ma incisive parole della quindicenne svedese Greta Thunberg, hanno avuto una risonanza mondiale con la loro accusa all'inconcludente bla..bla..bla degli adulti e dei politici: “ ...Nel 2078 festeggerò il mio settantacinquesimo compleanno. Se avrò dei bambini probabilmente un giorno mi faranno domande su di voi. Forse mi chiederanno come mai non avete fatto niente quando era ancora il tempo di agire... Voi dite di amare i vostri figli sopra ogni cosa, ma state rubando loro il futuro davanti agli occhi...” 

Per la prima volta nel 2015 a Parigi, sede della COP 21, era successo qualcosa di epocale: tutti i Paesi avevano accettato di collaborare per limitare l’aumento della temperatura globale ben al di sotto dei 2 gradi, puntando a limitarlo a 1,5 gradi. Inoltre i Paesi si erano impegnati a mobilitare i fondi necessari per raggiungere questi obiettivi. Ma alla prova dei fatti, gli impegni presi a Parigi non sono stati neanche lontanamente sufficienti per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi, e la finestra utile per il raggiungimento di questo obiettivo si sta chiudendo. Il decennio fino al 2030 sarà cruciale e i Paesi dovranno spingersi ben oltre quanto fatto in quello storico vertice per mantenere viva la speranza di contenere l’aumento della temperatura a 1,5. La COP26 sarà dunque decisiva. Questo spiega le dure parole dei giovani, per bocca della Thunberg, che richiamano gli adulti alle proprie responsabilità dimostrando in questo caso una saggezza sicuramente superiore a quella di chi, gli anziani, per definizione, dovrebbero esercitarla con particolare forza.

Finora, il movimento globale per contrastare il cambiamento climatico ha coinvolto soprattutto (ma non solo) la popolazione giovane e, prima dell’avvento del covid-19, ovunque nel mondo si sono viste proteste guidate da studenti che hanno ampliato il dibattito pubblico e dato maggiore visibilità ai giovani nei forum internazionali più importanti.

Se da un lato questi eventi sono importanti passi avanti, dall’altro purtroppo il 2020 è stato l'anno più caldo mai registrato e per evitare una catastrofe sarebbe necessaria una riduzione delle emissioni che invece sono in aumento costante. Si rende perciò necessaria una rapida reazione della società intera.

La stampa e i media ci hanno fatto conoscere Greta Thunberg commentando “con simpatia” il suo visetto, innocente e trasognato che è diventato l’icona delle proteste. Ci ha  raccontato dei suoi scioperi per il clima, che centinaia di studenti hanno imitato, dal Canada all’Australia, dalla Germania agli Usa e delle sue presenze  alla conferenza di Katowice, all’Eliseo, al forum di Davos, alla Commissione Europea .    

Ma il modo “confidenziale” in cui la stampa italiana racconta spesso di Greta e della sua lotta, rischia di non comunicarci la drammaticità del messaggio che i giovani vogliono trasmetterci. Il racconto della “sedicenne che ha ridato ai giovani una causa per cui impegnarsi portandoli in piazza per un futuro mondo più verde”, rischia di far passare anche un messaggio distorto: che i problemi non riguardino tutti e adesso.

 

Il primo passo per evitare questo rischio è innanzitutto quello di smetterla di considerare che l'ambientalismo sia un problema che riguarda solo il futuro dei giovani ed essere consapevoli che interessa da vicino e adesso noi genitori e  nonni dei giovani: le estati sopra i 40°, che fanno e faranno sempre più strage di anziani, arriveranno molto prima del 2050.  Già ora molti italiani vivono nella precarietà di una casa spazzata via dalla furia delle acque di un nubifragio estivo o dalle fiamme di incendi talora attivati da mani sconsiderate ma alimentati da venti torridi che soffiano su boschi e coltivazioni arsi e aridi. Nel 2050 gran parte del Mezzogiorno sarà desertificata, ma già oggi interi raccolti vanno in fumo ogni anno. Già adesso gran parte dei migranti arriva dai luoghi della terra più colpiti dalla siccità: Africa occidentale, Corno d’Africa, Pakistan e Bangladesh. E l’esodo aumenterà. Finché si continua a dare l’idea che gli ambientalisti si occupino di “problemi del futuro” e di persone che noi manco conosciamo e alle quali non diamo un volto e un nome a noi noti, si mistifica la realtà. E si procura, di nuovo, alla gente una scusa per non occuparsene e per evitare di non convincersi dell'urgenza e attualità dei problemi ambientali.

 Ma Greta, nel suo urlare ai politici di assumersi le loro responsabilità coglie nel cuore del problema: senza uno sbocco politico, la lotta per l’ambiente andrà sprecata. Spesso i media dipingono Greta e i giovani che con lei si mobilitano, come un’alternativa alla politica quasi in contrapposizione ad essa. E molte associazioni ambientaliste tengono a proclamarsi apartitiche e apolitiche ribadendo le connotazioni “civiche” del loro impegno.

La lotta per l’ambiente non può avere un futuro sganciata dalla realtà della politica, perché necessita di  scelte di governo impegnative e spesso impopolari, che andranno ad incidere su  abitudini di vita e consumi consolidati delle persone ma anche su nuovi costi e spese per beni essenziali a partire da quelli legati all'approvvigionamento energetico. Queste scelte difficilmente si possono assumere senza un ampio consenso e solide maggioranze. La società civile, i movimenti, le associazioni sono fondamentali per contribuire a costruire consenso attorno a decisioni che necessariamente devono diventare politiche.  Quanto più le scelte politiche saranno condivise, tanto più riusciranno a  coniugare i temi ambientali e la transizione ecologica con l’economia, le nostre tradizioni e uno sviluppo sostenibile.

E, paradossalmente l'ambientalismo può rappresentare per le liquefatte ideologie, che hanno segnato la storia del secolo scorso, l'ultima occasione di recuperare credibilità e insieme dimostrare capacità di evolversi e fornire soluzioni efficaci all’attuale grave crisi ambientale.   

Può esserlo per le democrazie liberali, perché in un mondo inaridito e assetato non ci sarà più posto per le libertà fondamentali, individuali o collettive. Può esserlo per quelle socialiste, che si propongono di eliminare lo sfruttamento non solo nei processi e nei mezzi di produzione ma anche nell’utilizzo delle risorse della natura.

 

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