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Giovedì, 04 Ottobre 2018 15:12

Verso la canonizzazione di Paolo VI, il Papa dei lavoratori

Il prossimo 14 ottobre sul sagrato di San Pietro il beato Papa Paolo VI, il Papa che contribuì a fondare le Acli, sarà Santo. A pochi giorni da un evento storico, importante per i fedeli e per la Chiesa tutta, è interessante sottolineare aspetti dell’azione e del pensiero di un Papa molto amato, che per primo comprende quanto il tema del lavoro sia centrale nella vita dell’uomo in pieno Novecento e che si impegna in prima persona a favore e a sostegno dei lavoratori.

Questo suo interesse è evidente già prima del pontificato: sin dal periodo in cui guida l’Arcidiocesi Ambrosiana non mancano gli interventi di Giovanni Battista Montini sui temi del lavoro. Segue con grande attenzione, in un dialogo costante con i protagonisti in campo, le grandi questioni della rivoluzione industriale che si sviluppano in molteplici aspetti della società, dialoga con gli industriali e gli artigiani, riservando attenzione e cura sempre maggiore ai lavoratori. Da qui l’appellativo di “Arcivescovo dei lavoratori”, che gli viene dato durante il suo ministero a Milano.

Fin dai primi discorsi, ad esempio alla Magneti Marelli, il 29 gennaio ’55, Montini espone in nuce il progetto di sintonia tra religione e lavoro, approfondito nella Lettera pastorale del 1956, tema che è sempre presente nelle sue riflessioni.

Gli anni in cui Montini vive sono di grandi trasformazioni politico-sociali, sono gli anni dei referendum sul divorzio e sull’aborto, gli anni della lotta armata e dell’uccisione di Aldo Moro: ma al centro del suo pensiero, come sacerdote, arcivescovo, Papa, sarà sempre la grande attenzione ai problemi della persona. Salito al soglio di Pietro, Paolo VI, come aveva fatto nel periodo milanese, interviene spesso sul tema del lavoro e, pur non avendo mai scritto una enciclica a tal proposito, sono numerose le sue visite nelle fabbriche, tra i lavoratori.

Possiamo definirlo dunque “Papa dei lavoratori” e non perde occasione di ricordare che la fede e la vita, la fede e il lavoro, camminano insieme, che la tecnologia non si oppone alla spiritualità, che la fede e la presenza della Chiesa non vogliono mutare l’aspetto e la finalità di un’impresa, nella convinzione che essa è per il progresso e la modernità, che i cristiani sono “persuasi che le conquiste dell’umanità sono segno della grandezza di Dio e frutto di un suo ineffabile disegno. E quanto più cresce la potenza degli uomini, tanto più si allarga la loro responsabilità individuale e collettiva” (Gaudium et Spes, n.34).

In una delle visite in fabbrica, nel suo discorso ai lavoratori dello Stabilimento chimico-farmaceutico LEO di Roma, Paolo VI chiarisce come la Chiesa durante i quattro anni del Concilio Vaticano II abbia studiato e considerato l’intero panorama umano e, in particolare modo, il fenomeno più evidente della società moderna: il lavoro organizzato. Questo passaggio profondo dal lavoro artigianale e agricolo a quello industriale non deve far dimenticare agli uomini che le risposte più profonde – perché si lavora, si ama, si muore – non le può dare la scienza, ma solo il Vangelo.”Così un operaio modello saprà far sorgere dalle sue officine, dalle sue fatiche, dai suoi sudori, dalle sue speranze, un inno a Dio, il creatore e il padre di tutti. L’uomo si domanda perché si lavora, si ama, si muore: la scienza pone interrogativi, non dà risposte. Allora occorre un supplemento di sapienza: Dio che ha detto: io sono il maestro, la via, la verità e la vita”. Ma è forse con gli operai del centro siderurgico di Taranto una delle pagine più significative del suo apostolato: nell’omelia per la messa di Mezzanotte del Natale del 1968, celebrata nella fabbrica, rivolgendosi agli operai, Paolo VI sottolinea non senza sofferenza una difficoltà di comunicazione tra il mondo del lavoro e quello della religione “Noi facciamo fatica a parlarvi. Noi avvertiamo la difficoltà a farci capire da voi. O Noi forse non vi comprendiamo abbastanza? Sta il fatto che il discorso è per Noi abbastanza difficile”.

A livello internazionale, l’occasione per il Papa di esprimere il proprio pensiero sul tema del lavoro è rappresentata dalla partecipazione all’assemblea dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro nel 50° anniversario della sua fondazione.

In quel contesto evidenzia alcune proposte sul tema del lavoro chiedendo la fine della “priorità del lavoro sui lavoratori”, “mai più il lavoro al di sopra dei lavoratori”, denunciando il rischio che il lavoro rimanga ambivalente e citando la parcellizzazione del lavoro nella società industriale, nel quale invece di aiutare l’uomo a diventare più uomo, lo disumanizza. Afferma inoltre che è necessario “far convergere le tre forze che sono all’opera nella dinamica umana del lavoro moderno: gli uomini di governo, gli imprenditori e i lavoratori, che è necessario perseguire la pace sociale attraverso la giustizia sociale, ricordando il motto di uno dei fondatori dell’OIL, Albert Thomas: “ il sociale dovrà vincere l’economico. Dovrà regolarlo e condurlo, per meglio soddisfare alla giustizia”.

Un messaggio attuale e universale, che pone il pensiero di Paolo VI al di là del contesto storico e politico in cui ha vissuto. Parole che risuonano anche oggi, dense di significato per la vita di tutti: lavoratori, politici, imprenditori, uomini di Chiesa.

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