GLI ANZIANI POSSONO SVOLGERE UN RUOLO ESSENZIALE IN UN PATTO TRA GENERAZIONI PER CONTRASTARE LA POVERTA’ EDUCATIVA
Si tratta di un temo poco conosciuto e affrontato, anche nel dibattito sociale, ma a ben guardare è un nodo strategico nel rapporto tra generazioni; fare un patto formativo e intergenerazionale famiglia- scuola-società, per far fronte al fenomeno che si sta sempre più diffondendo: la povertà educativa; che significa privazione o limitazione di accesso a risorse e opportunità di istruzione, cultura, socialità, formazione.
Le cause vanno dalla scarsità del reddito alle fragilità (vecchie e nuove) delle famiglie, in particolare quando si verificano crisi di coppia che hanno ripercussioni pesanti sui figli.
Molti anziani si trovano quindi a svolgere prezioso e difficile, sia contribuendo economicamente, sia svolgendo a tutti gli effetti compiti educativi in grado di dare alle nuove generazioni prospettive concrete di apprendere, sperimentare, acquisire competenze, in un mondo che esige (da tutti) sempre di più e trasmette contemporaneamente un diffuso senso di incertezza, provvisorietà, carenza di prospettive.
La povertà reddituale (sia assoluta che relativa) è in aumento e preoccupa soprattutto per gli effetti che potrà avere nel medio-lungo periodo nel settore dell’istruzione perché strettamente collegata con i fenomeni degli abbandoni dei percorsi formativi, della dispersione scolastica, della bassa scolarità, della carenza di competenza in molte aree produttive, della carenza di reti sociali generative di opportunità.
Ma oltre al fattore reddito emerge anche tra gli adolescenti e i giovani (spesso con radici nell'infanzia) fenomeni sociali di individualismo utilitaristico, di 'degrado' delle relazioni, comprese quelle familiari e di prossimità, della violenza verbale ( e non solo), del rifiuto delle diversità e della loro ricomposizione, dell’assenza delle dimensioni di senso, valoriali, di visioni per il futuro, della mancanza di apertura ad ogni dimensione spirituale, a partire da quella religiosa e di fede.
In questo contesto (che coinvolge anche fasce di popolazione non economicamente deboli) che incide negativamente sullo sviluppo evolutivo dei ragazzi si richieda con drammatica urgenza la presenza di figure autorevoli che, oltre a rappresentare una risorsa di conoscenze e competenze, siano in grado di creare (e ricreare) rapporti di fiducia e di solidarietà fra generazioni.
Questo il senso di un patto tra generazioni giovani-anziani che dovrebbe e potrebbe essere oggetto di interventi sociali come la recente riproposizione del bonus psicologico che coinvolge tutto il nucleo famigliare allargato, per prevenire e curare le varie forme di povertà educativo-relazionali, dal ritiro sociale ai disturbi nello sviluppo emotivo-affettivo, dall' aggressività fine a sé stessa al disagio socio-esistenziale (fino al suicidio).
Si pensi, per fare un esempio di un fenomeno ancora minoritario, ma purtroppo in aumento (intorno ai 100mila casi a livello nazionale), agli hikikomori, ragazzi che nei casi limite si chiudono nella propria stanza senza far nulla e rifiutano ogni contatto con l'esterno. Ma di ritiro sociale si può parlare anche nel caso dei ragazzi 'Neet' (tre milioni in Italia) che abbandonano gli studi, non lavorano e rinunciano a cercare qualsiasi occupazione.
Ma esiste anche una povertà educativo relazionale da disturbi dello sviluppo, come emerge dai dati che arrivano da strutture ambulatoriali ed ospedaliere di igiene mentale in cui si registra un aumento di episodi sintomatici di disturbi psicologici nei bambini, negli adolescenti e nei giovani quali paure, ansie, fobie, attacchi di panico, insonnia, anoressia e bulimia.
Mentre agli “onori della cronaca” salgono episodi di aggressività delle baby gang che esprimono comportamenti non di contestazione e di ribellione a qualcosa, ma di 'disperazione' antisociale fine a sé stessa, esaltata nell'appartenenza al gruppo in cui la fragilità individuale diventa forza (irrazionale) collettiva.
C’è ancora molto bisogno di “nonni” saggi e coraggiosi in grado di dare un contributo determinante: anziani non solo destinatari di cure e di attenzioni, ma promotori di relazioni sociali per tutta la comunità.