Articoli filtrati per data: Dicembre 2024
Desidero un lavoro che mi piace (come cambia il lavoro dopo il Covid) il 30 marzo a Rosà
Il Circolo Acli di Rosà ed il Circolo Giovani Laureati Rosatesi organizzato giovedì 30 marzo alle 20.30 nella Sala Giubileo (a fianco al Teatro Montegrappa) una tavola rotonda sul tema: "Desidero un lavoro che mi piace (come cambia il lavoro dopo il Covid)".
Alla serata interverranno:
il dr. Silvano Bordignon (giornalista pubblicista) che parlerà dei "Nuovi orizzonti del lavoro"
il dr. Carlo Paolin (statistico), che presenterà "Alcuni dati sul lavoro", la dr.ssa Anna Simonetto (psicologa), che parlerà di "Lavoro e benessere"
l'ing. Ivan Ganassin, che tratterà il tema "Ho cambiato lavoro"
l'ing. Andrea Vicentin (già presidente degli Industriali di Bassano del Grappa), che affronterà il tema "Il datore di lavoro"
Carlo Cavedon (presidente delle ACLI di Vicenza aps), che illustrerà "La voce delle Acli".
Nel 730 la nuova IRPEF a 4 marce introdotta dalla Manovra 2022
Dal 730/2023 comincia a fare effetto la nuova IRPEF non più a cinque ma a quattro marce. Con la riforma dell’imposta sul reddito delle persone fisiche introdotta dalla Legge di Bilancio dello scorso anno si è infatti delineato un panorama inedito, in particolare sulle fasce al di sopra dei 28.000 euro dove si concentrano le novità più significative, di cui appunto si sentiranno gli effetti con le dichiarazioni Modello 730/Modello REDDITI (ex Unico) del 2023, in riferimento al 2022 (per avere assistenza è possibile rivolgersi a CAF ACLI). È chiaro, inoltre, che questo riassestamento si trascina a catena tutta un’altra serie di novità che vanno a incidere su aspetti ugualmente determinati quali le detrazioni applicate alla tipologia specifica di contribuente (lavoro dipendente e pensione).
Modello 730/2023: come cambia l’IRPEF?
Insomma cosa ci aspetta col nuovo Modello 730 dove albergherà per la prima volta l’IRPEF strutturata su 4 scaglioni anziché 5? A fare il punto della situazione intervenne l’Agenzia delle Entrate con la Circolare 4/E/2022. È bene anzitutto raffrontare le due mappe dell’imposta: com’è stata fino al 31/12/2021 e come invece è “rinata” dal 1° gennaio 2022…
IRPEF: SCAGLIONI FINO AL 31 DICEMBRE 2021
Reddito imponibile (in euro) |
Aliquota |
Quanto si pagava? |
fino a 15.000 | 23% | 23% sull’intero importo |
oltre 15.000 e fino a 28.000 |
27% |
3.450 + 27% sulla parte eccedente 15.000 euro |
oltre 28.000 e fino a 55.000 |
38% |
6.960 + 38% sulla parte eccedente 28.000 euro |
oltre 55.000 e fino a 75.000 |
41% |
17.220 + 41% sulla parte eccedente 55.000 euro |
oltre 75.000 |
43% |
25.420 + 43% sulla parte eccedente 75.000 euro |
IRPEF: SCAGLIONI DAL 1° GENNAIO 2022
Reddito imponibile (in euro) |
Aliquota |
Quanto si paga? |
fino a 15.000 | 23% | 23% sull’intero importo |
oltre 15.000 e fino a 28.000 |
25% |
3.450 + 25% sulla parte eccedente 15.000 euro |
oltre 28.000 e fino a 50.000 |
35% |
6.700 + 35% sulla parte eccedente 28.000 euro |
oltre 50.000 |
43% |
14.400 + 43% sulla parte eccedente 50.000 euro |
Modello 730/2023: le differenze tra vecchia e nuova IRPEF
Emerge quindi, a una prima occhiata, che agli estremi della catena delle aliquote non cambia nulla: 23 e 43 per cento resta sempre la forbice dei prelievi minimo e massimo, con una differenza però evidente nel caso dell’aliquota maggiore, ovvero una platea molto più consistente di contribuenti “ricchi” che andranno a pagare il 43% come prelievo marginale, non più infatti al di sopra della soglia di 75.000 euro bensì dei 50.000 (per chi invece si assesta entro i 15.000 euro di reddito annuo non cambia nulla).
In pratica fino al 2021, tutta la zona medio-alta fra 50.000 e 75.000 euro era scaglionata su tre gradoni (38, 41 e 43%), mentre adesso, una volta superati i 50.000, già interviene questa sorta di ampia zona “flat tax” dove tutto è uniformato col prelievo marginale al 43%. Di fatto è scomparso in blocco il vecchio gradone del 41% che regolava la fascia fra 55.000 e 75.000 euro, “mangiato” appunto dalla nuova aliquota al 43%, mentre si è andato un po' più a restringere l’ex gradone tra 28.000 e 55.000 euro che adesso scende fino a 50.000 euro con un’aliquota ribassata dal 38 al 35%. Resta infine intatta la forbice del secondo scaglione tra 15.000 e 28.000 euro, ma anche in questo caso con un’aliquota alleggerita dal 27 al 25%.
IRPEF Modello 730/2023: trattamento integrativo (ex Bonus Renzi).
Capitolo trattamento integrativo (ex Bonus Renzi). Qui arrivano le dolenti note, perché sebbene la misura sia stata prorogata nel 2022 (quindi sempre con effetto nel 730/2023), il suo raggio d’azione ne è uscito sensibilmente ridimensionato. Fino al 2021, infatti, coloro che potevano contare su un bonus “pieno” pari a 100 euro in più in busta paga – a condizione che l’imposta dovuta, calcolata al netto della sola detrazione di lavoro dipendente e assimilato, risultasse maggiore di zero – erano i contribuenti fino a 28.000 euro, dopodiché il trattamento sarebbe andato gradualmente a scemare in funzione dell’aumentare del reddito.
Nel 2022, invece, la soglia reddituale degli aventi diritto al trattamento dei 100 euro pieni retrocede fino a 15.000 euro (sempre a condizione che l’imposta sia capiente in rapporto alle detrazioni), mentre per i lavoratori dipendenti con un reddito annuo compreso tra i 15.000 e i 28.000 euro il bonus viene calcolato come differenza tra imposta lorda e detrazioni spettanti, ma comunque non potrà superare i 1.200 euro l'anno.
La naspi nel caso di part-time: attenzione al minimale contributivo
Come funziona la NASpi per i contratti part-time?
I contratti di lavoro part-time hanno delle conseguenze sul calcolo dell’indennità di disoccupazione NASpI, soprattutto per quanto concerne la durata. Infatti, la NASpI, viene corrisposta mensilmente per un numero di settimane pari alla metà delle settimane contributive presenti negli ultimi quattro anni per quanto riguarda i rapporti di lavoro a tempo pieno, mentre per i rapporti di lavoro a orario parziale la durata è inferiore.
Per quanto riguarda il part-time sia orizzontale che verticale, vengono prese in considerazione tutte le 52 settimane di contribuzione, purché la retribuzione settimanale non sia inferiore ai minimali retributivi Inps. In quest’ultimo caso invece il conteggio delle settimane subisce delle modifiche.
Il minimale contributivo
Innanzitutto, si deve considerare il minimale contributivo, ossia la retribuzione minima considerata come base per il calcolo dei contributi previdenziali versati dal datore di lavoro. Per l’anno corrente il minimale della retribuzione giornaliera è pari a 53,95 euro, pertanto se il lavoratore percepisce una retribuzione giornaliera inferiore a questa soglia i contributi dovuti saranno comunque calcolati tenendo conto di tale minimo giornaliero.
Tuttavia, per l’accredito di 52 settimane contributive è necessario che la retribuzione settimanale sia pari o superiore a 227,18 euro, vale a dire il 40% del trattamento minimo di pensione, ed è un valore che cambia ogni anno. Sotto questa soglia non viene riconosciuta per intero la settimana contributiva e pertanto si creano delle ripercussioni sulla durata dell’indennità di disoccupazione per i lavoratori part-time con retribuzione non elevata.
Chi è escluso dal conteggio?
- i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari
- gli operai agricoli
- gli apprendisti
Al di sotto della soglia minima di retribuzione settimanale, una settimana contributiva potrebbe necessitare di più giorni: per esempio, la settimana contributiva potrebbe essere pari a 10 giorni di lavoro part time; di conseguenza, le settimane contributive necessarie per il diritto alla Naspi devono essere pari a 13 negli ultimi quattro anni e quindi ci vorrebbero più settimane lavorative per raggiungere tale requisito.
Lo stesso vale per la durata dell’indennità, erogata per la metà delle settimane contributive riferite agli ultimi quattro anni, perciò si verificherà una riduzione.
Nessuna differenza, invece, per l’importo. La prestazione viene comunque calcolata prendendo in considerazione il 75% della retribuzione media mensile imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni.
Rivolgiti al Patronato ACLI
Gli operatori del Patronato ACLI sono a tua disposizione in tutte le fasi di presentazione della domanda NASPI
fonte: www.patronato.acli.it
Desidero un lavoro che mi piace (come cambia il lavoro dopo il covid)
Giovedì 30 Marzo alle ore 20.45, nella sala del Giubileo dell'Istituto Pii di Rosà (a fianco del teatro Montegrappa), avrà luogo l'incontro "Desidero un lavoro che mi piace (come cambia il lavoro dopo il covid)" , organizzato dal circolo Acli di Rosà e il circolo Laureati Rosatesi.
Rivoluzione in famiglia
Superata la formula “detrazione per i figli a carico”, una serie di interventi a sostegno dei genitori e dei figli
Al centro c’è l’assegno unico riconosciuto a entrambi i genitori (metà ciascuno) per tutti i figli a carico dal settimo mese di gravidanza fino ai 18 anni di età. L'assegno spetta fino a 21 anni, ma con importo ridotto, se i figli studiano o sono impegnati in programmi di formazione, oppure svolgono il Servizio civile universale.
L’assegno si chiama “unico” perché riunisce tutti i vari contributi riconosciuti finora alle famiglie con figli: dagli assegni familiari per i lavoratori dipendenti alle detrazioni per i figli a carico fino al bonus bebè e alle maggiorazioni per famiglie numerose. Ed è “universale” perché avrà una base fissa per tutti a prescindere dal reddito e un importo variabile aggiuntivo legato alle dichiarazioni Isee; ne possono beneficiare anche i lavoratori autonomi e gli incapienti (coloro che non hanno reddito rilevante agli effetti fiscali).
È necessario avere l'ISEE, (Indicatore di situazione economica equivalente) che viene valutato tenendo conto del reddito di tutti i componenti del nucleo familiare, del loro patrimonio (mobiliare ed immobiliare) e, attraverso una scala di equivalenza, della composizione del nucleo medesimo (numero dei componenti e loro caratteristiche).
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Congedo obbligatorio di Paternità
Lavoro, Patronato Acli: dati Inail su infortuni e malattie sono preoccupanti, servono investimenti a livello culturale e produttivo
“È triste dover constatare anche quest’anno un aumento di infortuni e malattie professionali – ha dichiarato il Presidente del Patronato ACLI, Paolo Ricotti, commentando i dati resi noti dall’INAIL relativi al 2022 – I dati purtroppo confermano un trend in crescita di richieste di riconoscimento della malattia professionale che arrivano tutti i giorni negli sportelli del Patronato nell’intero territorio nazionale”.
I dati dell’INAIL registrano un incremento di denunce di infortuni pari al 25,7% rispetto al 2021 mentre per gli infortuni mortali c’è un trend in diminuzione anche se nel conto del 2021 va considerato il fattore “morti per Covid” che di fatto conferma i numeri degli anni passati. In aumento anche le malattie professionali con un incremento del 9,9%. “Se si vuole ridurre questa strage – ha aggiunto Ricotti – è necessario impegnare maggiori sforzi e risorse sia a livello culturale, e in questo bisogna pensare a strutturare una formazione fin dalla scuola e prima dell’inserimento lavorativo, con un aggiornamento puntuale ed efficace dei lavoratori in tema di sicurezza, sia a livello produttivo, attraverso investimenti in attività di miglioramento e prevenzione e azioni di controllo rigoroso del rispetto delle normative”.
Uno dei dati più preoccupanti è quello che riguarda le malattie professionali perché ancora oggi è difficile che i lavoratori affetti da alcune patologie a seguito del lavoro si attivino per far valere i loro diritti e ottenere le giuste tutele. “I dati su infortuni e malattie professionali purtroppo sono sottostimati – ha detto Ricotti – perché sappiamo, anche grazie al lavoro quotidiano dei nostri operatori, che c’è ancora molta reticenza a denunciare un infortunio o ad indagare a fondo su una malattia. Anche in questo caso c’è bisogno di far conoscere a tutti i cittadini quali sono i loro diritti, serve una vera opera di alfabetizzazione su cui siamo tutti chiamati ad intervenire”.
Tutti i lavoratori che abbiano bisogno di una consulenza medico legale su misura possono trovare qui la sede Patronato Acli più vicina e chiedere un appuntamento.
Per approfondire:
Cosa fare in caso di infortunio sul lavoro? Qui le istruzioni con video informativo a cura del Patronato Acli
Detrazione per i giovani in affitto più lunga . Fino a 31 anni nel 730/2023: potrebbe arrivare al 20% del canone annuo.
Comincia a fare effetto nel 730/2023, anno 2022, la detrazione rivisitata dal 1° gennaio 2022 (nel senso di rafforzata) per i giovani in affitto. La Legge di Bilancio dello scorso anno l’aveva infatti modificata su due fronti, sia economico che temporale. Vediamo allora quali cambiamenti inizieranno a toccarsi con mano nelle imminenti dichiarazioni 730 (per la cui elaborazione è già possibile prenotarsi con CAF ACLI). Per farlo delimitiamo subito il campo d’analisi, vale a dire la detrazione sulle spese di affitto specifica per i giovani inquilini che abbiano stipulato un contratto ai sensi della Legge 431/98.
Detrazione affitto giovani: estesa fino ai 31 anni non compiuti
La prima novità è presto detta, perché la manovra finanziaria 2022 ha spostato un poco più in là il limite anagrafico degli aventi diritto, allungandolo, cioè, dalla soglia dei 30 anni ai 31 “non ancora compiuti” quindi in pratica al di là del compimento dei 30 anni, fin quando il giovane non ne avrà appunto compiuti 31. Facciamo un esempio: poniamo il caso che l’inquilino abbia compiuto 30 anni a luglio 2021. Con le vecchie regole – quando la detrazione era applicata alla fascia 20-30 anni – questo inquilino avrebbe potuto far valere il beneficio fiscale solo fino all’anno 2021, perché il 2022 sarebbe stato quello del compimento del 31esimo anno. Viceversa adesso, essendo il limite spostato ai 31 non ancora compiuti, la detrazione gli verrà applicata anche ai mesi del 2022 (con effetto appunto nel 730/2023) antecedenti al compimento del 31esimo anno (quindi nel caso dell’esempio da gennaio a giugno 2022).Detrazione affitto giovani sui primi quattro anni di contratto
Altra novità, sempre di natura temporale, è stata il prolungamento del periodo contrattuale in cui la detrazione potrà essere applicata. Il legislatore ha infatti stabilito che il beneficio fiscale venga applicato (posto ovviamente il rispetto del requisito anagrafico del giovane locatario) nei primi quattro anni di contratto anziché nei soli primi tre (quindi, ad esempio, se il contratto viene stipulato nel 2022, la detrazione potrà essere fruita per gli anni dal 2022 al 2025 compreso).Detrazione affitto giovani anche su una parte della casa
Ci sono state poi due modifiche riguardo all’immobile oggetto di locazione, anch’esse migliorative ai fini della fruibilità della detrazione da parte dell’inquilino. Migliorative anzitutto perché viene introdotta la possibilità di applicare la detrazione non solo quando l’affitto riguarda l’intera unità immobiliare, ma anche se il ragazzo dovesse affittarne solo una parte, come ad esempio una singola stanza. Inoltre, a differenza di prima, quando la casa oggetto di locazione veniva individuata quale “unità immobiliare da destinare ad abitazione principale”, adesso la norma specifica soltanto che l’immobile, o una parte di esso, debba essere adibito a “residenza” del conduttore.Detrazione affitto giovani: fino a quanto può ammontare
Dulcis in fundo è la novità economica della detrazione, che a certe condizioni viene aumentata al di là del limite forfetario pari a 991,60 euro stabilito sino al 31/12/2021. In buona sostanza le possibilità sono due: si potrà beneficiare della solita detrazione pari a 991,60 euro, oppure si potrà detrarre il 20% dell’ammontare complessivo del canone annuo, se superiore (questo 20%) a 991,60 euro ma non superiore a 2.000 euro. La somma, quindi, che il giovane inquilino potrà portarsi in detrazione col 730, dipende dall’affitto pagato nell’anno.Assegno ordinario d'invalidità: necessari 260 contributi settimanali
Le prestazioni previdenziali INPS per l’invalidità a favore dei lavoratori sono due: l’assegno di invalidità e la pensione di inabilità.
L’assegno ordinario di invalidità è una prestazione economica, erogata dall’INPS a domanda, che spetta al lavoratore la cui capacità lavorativa è ridotta a meno di un terzo a causa di infermità fisica o mentale.
Per presentare la domanda, è necessario richiedere al proprio medico il certificato telematico Mod. SS3. Con la copia del certificato medico e l’ultima dichiarazione dei redditi personale e del coniuge, rivolgiti alla sede del Patronato ACLI più vicina che trasmetterà la domanda all’INPS e ti assisterà per tutti gli adempimenti successivi.
I requisiti
– Requisito sanitario: può richiedere l’assegno chi, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, abbia la capacità lavorativa ridotta a meno di un terzo.
– Requisito contributivo: per presentare la domanda bisogna avere maturato almeno 260 contributi settimanali (cinque anni di contribuzione e assicurazione) di cui 156 (tre anni di contribuzione e assicurazione, anche non consecutivi) nel quinquennio precedente la data di presentazione della domanda.
L’assegno ordinario di invalidità
- È compatibile con l’attività lavorativa e non è necessario cessarla per richiederlo.
- Il diritto alla prestazione può essere perfezionato anche con contribuzione estera maturata in Paesi dell’Unione europea o in Paesi extracomunitari convenzionati con l’Italia. In tal caso, l’accertamento del diritto a pensione può essere effettuato con la totalizzazione internazionale dei periodi assicurativi italiani ed esteri. In questo caso però, l’importo dell’assegno verrà calcolato in proporzione ai contributi accreditati nell’assicurazione italiana ed alle retribuzioni corrispondenti.
- L’assegno di invalidità ha validità triennale. Il titolare dell’assegno può chiedere il rinnovo prima della data di scadenza e, dopo tre riconoscimenti consecutivi, l’assegno di invalidità è confermato automaticamente, salvo le facoltà di revisione da parte dell’INPS.
- Al compimento dell’età pensionabile, ed in presenza di tutti i requisiti, l’assegno ordinario di invalidità viene trasformato in pensione di vecchiaia.
Decorrenza
L’assegno ordinario di invalidità decorre dal 1° giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda se risultano soddisfatti tutti i requisiti sia sanitari che amministrativi.
La domanda
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fonte - www.patronato.acli.it
Musica come prevenzione e terapia, per il cuore e per la mente
Sia nella letteratura medica che nella pratica quotidiana di molte persone di ogni età è stato sperimentato l’effetto benefico del fare ed ascoltare musica
Ormai è un dato acquisito che il nostro benessere è strettamente correlato con il giusto rapporto tra mente (emozioni, passioni e interessi) e corpo (corretto funzionamento di tutti gli organi, equilibrio delle componenti biochimiche): non stupiscono quindi che anche le più recenti ricerche in campo sociosanitario mettano in evidenza l’importanza della musica come esperienza vitale per la persona di ogni età.
Questo vale soprattutto per gli anziani che devono difendersi da maggiori fragilità fisiche e psichiche.
In pratica, suonare uno strumento (ritornando magari a passioni di gioventù…), cantare in un coro, o semplicemente riservare ogni giorno un po’ di tempo per ascoltare musica, è il modo giusto per riequilibrare il sistema nervoso, combattere lo stress, regolarizzare il ritmo cardiaco e la pressione del sangue. Provare per credere, lo dicono gli esperti… Ed ha come effetti collaterali solo sensazioni piacevoli e positive.
Le ACLI di Vicenza aps sull’8 marzo chiedono parità, equità ed inclusione contro le discriminazioni
La settimana scorsa il Consiglio Superiore della Magistratura all’unanimità ha nominato presidente della Corte di Cassazione Margherita Cassano. I mezzi di comunicazione hanno dato ampio risalto alla notizia, sottolineando come sia la prima volta di una donna in questo ruolo apicale. Ma la stessa presidente Cassano qualche anno fa aveva affermato come “l’effettiva parità sarà stata raggiunta quando cesserà di fare notizia la nomina di una donna in una posizione di vertice”. Un obiettivo, purtroppo, evidentemente ancora lontano.
Sicuramente tale nomina rappresenta un fondamentale passo in avanti in quel lungo percorso, iniziato sessant’anni fa, con l’ingresso delle prime donne in magistratura.
“Risale al 1963, infatti – spiega la coordinatrice Donne delle ACLI di Vicenza aps, Elisabetta Zanon – una norma che sancisce l’accesso femminile a tutte le cariche, professioni ed impieghi pubblici, compresa la magistratura, nei vari ruoli, carriere e categorie, senza limitazione di mansioni e di svolgimento della carriera”.
Con una norma del 1919 le donne erano state ammesse, a pari titolo degli uomini, all’esercizio delle libere professioni e di tutti gli impieghi pubblici ad eccezione di quelli che implicavano poteri pubblici giurisdizionali o l’esercizio di diritti e di potestà politici o che attenevano alla difesa militare dello Stato.
“Molta strada è stata fatto. Al 30 giugno 2022 le donne in magistratura erano 4952 (55% del totale). In altri ambiti, anche privati, la situazione è simile. Le donne – prosegue la coordinatrice Zanon – sono oggi presenti in alte percentuali in quasi tutti i settori lavorativi ed il tasso di occupazione femminile in Italia nel 2021 (dati Ocse) ha raggiunto il 50% e sono in continua crescita le professionalità qualificate: gli ultimi dati forniti dagli Ordini professionali fanno registrare rilevanti incrementi delle iscritte”.
Da un recente studio dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere emerge che la maggioranza delle donne rimane ai margini della carriera, senza riuscire ad occupare posizioni dirigenziali e apicali. In Italia, ad esempio, prescindere dal settore economico di riferimento, solamente il 13,4% dei Ceo delle maggiori società quotate è donna, a fronte dell’86,6% maschile.
“Tale limite è dovuto ad un insieme di fattori – prosegue la coordinatrice Zanon – che frenano il progredire nelle carriere femminili. Si passa dagli ostacoli di natura culturale come le discriminazioni di genere, la scarsa valorizzazione del merito, la maternità e il lavoro di cura familiare intesi come limite, a quelli di natura strutturale come le carenze di misure e servizi per conciliare i tempi di vita e lavoro e la poca flessibilità organizzativa”.
I molteplici citati intralci condizionano in maniera massiccia anche il livello di stipendi e guadagni delle donne.
“È sempre più di attualità il tema del doloroso divario retributivo di genere. Basti pensare – conclude la coordinatrice Zanon – che le donne dirigenti d’azienda guadagnano in media il 30% in meno rispetto ai loro compagni di lavoro e le avvocatesse addirittura meno della metà dei loro colleghi uomini.
Le azioni legislative intraprese dall’Italia per la parità, l’equità di genere e l’inclusione contro ogni forma di discriminazione, anche sotto la spinta europea, sono state molteplici in questi anni. Per una maggiore e migliore occupazione e realizzazione femminile si auspica il potenziamento di tali misure ed il varo di sempre più consistenti interventi che portino ad una possibile e reale conciliazione tra vita lavorativa, privata e familiare ed al necessario smantellamento del pesante stereotipo di genere secondo il quale il lavoro di cura, l’educazione dei figli e l’assistenza ai genitori anziani è sempre e solo una cosa da donne”.